di Ultimus!

Questa intervista, realizzata da Ultimus!, il Rat-moderatore supremo del forum ufficiale di Rat-Man, nel giugno 2012 era stata originariamente pensata per il Rat-Forum ma alla fine è stato deciso di pubblicarla direttamente sul sito. Questo il motivo dell’apparente strano incipit che abbiamo comunque deciso di lasciare.
Buona lettura! 

Eccoci qua anche noi con un’intervista a Leo, ma come Forum Ufficiale di Rat-Man è qualcosa che agognavamo all’impossibile. Un’intervista tutta-tutta nostra, dove sequestreremo Leo e il suo prezioso tempo. (Che ha oscillazioni di minuto in minuto, come le quotazioni borsistiche!)
E infatti tra cinque minuti sparirà con indice negativo!

Mi sono voluto cimentare in una serie di domande per addentrati, per già Rattofili che danno di scontate una serie di cose. Tutti sappiamo quando Rat-Man è nato, dove, e chi è Leo; e se non sapete queste cose, è perché sul browser di Google volevate cercare Batman, ma vi siete sbagliati a scrivere!
Se ho (abbiamo) fortuna, riuscirò forse a incoccare qualche domanda ancora non rivoltagli.

Prima domanda Leo. Noi tutti, tuoi lettori affezionati, sappiamo della tua formazione grafica, con chi hai costruito il tuo modo di disegnare, Jack Kirby su tutti, ma anche le tue letture Disney… Invece, hai qualche nume tutelare per la tua formazione narrativa?
Anche il tuo imparare a scrivere storie, proviene di riflesso dai fumetti? Chessò, la narrativa d’impatto di Kirby, i testi avventurosi, abili, e carichi di Stan Lee. O invece da qualche lettura di scrittore prettamente detto? (o cineasta!) O niente di tutto questo? (sarebbe l’opzione “non so”, che c’è in tutti i questionari)
Non so.
Nel senso che uno non è che un giorno decide di imparare a scrivere da uno in particolare. Si alza e scrive. Quello che gli passa per la testa. Oppure si siede lì, buono, per due giorni, e poi scrive una sola frase. La rilegge. Accartoccia il foglio e lo butta, poi si mette a cercare donne dalle tette grosse in internet.
La scrittura, insomma, è qualcosa che si assorbe, come gli anticrittogamici. Tu pensi di avere lavato bene il libro, e invece… La verità è che dovresti leggerlo senza copertina, dove la scrittura viene maggiormente a depositarsi. E poi ci sono le cose scritte che uno legge senza accorgersene, cioè le sceneggiature dei film e dei telefilm. E poi ci sono le cose scritte che uno le legge senza farci tanto caso, come le notizie. Tutto quello che si legge possiede una sua musica. Un suono particolare, per cui se leggiamo qualcosa senza sapere cos’è, dopo poche righe sappiamo dire se è una notizia, un romanzo, una poesia… e non tanto per quello che c’è scritto, ma per come è scritto. Impari a riconoscere i suoni della scrittura, poi provi a fischiettare quelli che ti sono piaciuti di più, poi provi a scrivere due motivetti… e finisci con un’intera partitura per colonne sonore.
Potrei fare un passo ulteriore dicendo che la scrittura è un suono traducibile in equazioni matematiche e quindi in grafici, ma mi fermo, perché questo è il campo di Andrea Plazzi, e se lo pesto, che ha appena seminato, poi ha due manone che usa per vangare, non mi conviene.
Comunque, scrivere alla fine è facile, basta che tu riesca a riconoscere il grafico che una storia traccia nell’aria. Da qui, fai il percorso opposto: tracci nell’aria un grafico e da esso trai una storia. Non è difficile.
Me lo ha detto anche il mio medico. Quello buono con me, non quello del turno di notte.

Sappiamo come le tue storie riflettano tuoi pensieri, di come siano autobiografiche, – fino a essere te stesso Ratty, nelle tue storie – addirittura trascini colleghi nel tuo mondo cartaceo (Capone, Lupoi, Plazzi) oppure persone a te vicine (Cate, Cipo, Vassilli). Perciò in questo mondo così autobiografico, chi sono personaggi così importanti, come Cinzia e Brakko?
Sono in qualche modo trasfigurazione di persone vere? O personaggi nati dalla tua creatività e che vivono a sé?
Cinzia e Brakko vivono in quel mondo là, nello spazio tra una vignetta e l’altra, dove li ho trovati e dove li ritrovo ogni volta che li vado a cercare. Carissimi amici che conosco da tantissimi anni, ogni volta che racconto una storia con loro, so già come si muoveranno, come parleranno. È in effetti molto comodo. Solo che a volte sono fuori casa e non so come chiamarli, perché non ho il numero di cellulare.Quello non me lo hanno dato, sapendo che poi lo passerei a Rat-Man, noto attaccabottoni e spaccaballe.

Come si diceva, hai rivelato spesso come sotto la maschera del Ratto ci sia tu (pure nelle storie, pensiamo a “The R-File”), però hai ancora detto di come consideri la tua creatura Rat-Man un figlio (nelle storie, pensiamo alla Bilogia di Valker).
Perciò chi è Rat-Man, sei tu o tuo figlio?
Oh, Rat-Man non sono io. Se io fossi davvero così, non avreste letto un solo numero di questa serie. Mi piace far credere che siamo simili, ma siamo profondamente diversi. Io non sono nemmeno suo padre. Ma l’ho cresciuto come se fosse mio figlio. Ora, però, hai più di vent’anni, fuori di casa, eh? Alè! Andare! In realtà, più vado avanti con gli anni e più mi rendo conto di essere simile a Valker. Solo la mia vigliaccheria mi aiuta a restare sulla buona strada.

In tutta questa baruffa che è Rat-Man autobiografico, che scandisce pure momenti della tua vita creativa. (esempio, l’approdare dalla autoproduzione alla Marvel Italia, confrontandoti nell’arena editoriale come l’ultimo “supereroe” – vedi la saga di Marvelmouse -)
In tutto ciò, erano qualcuno i personaggi della Seconda Squadra Segreta? Molti e nati abbastanza improvvisamente. Qualche compagno universitario, gli amici di sempre Clan/Intaccabili o l’opzione “non so” (vedi sopra), cioè nulla di tutto questo?
Nella saga di “Marvelmouse”, la storia non richiamava tanto il mio approdo al mondo editoriale condiviso con gli eroi Marvel, quanto lo “scontro” generazionale tra lettori, che si dividevano all’epoca tra giovani e manga e meno giovani e supereroi. Pur amando i manga, mi pareva che questo “superare i supereroi” fosse troppo irrispettoso e superficiale. E lo pensavo, essendo come uno in fila in posta.
Così, anche i personaggi delle varie Squadre Segrete non sono creati sulla base di qualche amico o conoscente, ma nascono semplicemente per esigenze di copione. Nel senso che mi metto a copiare quel che vedo e che mi piace, tipo al tempo della prima trilogia del “Ritorno”, avevo appena finito di leggere Watchmen, la mia storia, nata con una trama completamente diversa è andata subito a pescare nello stesso stagno, tipo dopo anni che Alan Moore ci aveva già ributtato dentro le carpe prese. Quindi potremmo parlare della serie di Rat-Man come di una “autobiografia spazitemporale”… cioè molto legata al momento in cui la singola storia è stata prodotta.
Un altro esempio è  La lunga notte dell’Ispettore Merlo. Questa storia era nata originariamente dalla visione di un film comico con Steve Martin Il mistero del cadavere scomparso, dove Martin, qui attore e sceneggiatore, inserisce nel suo stesso film degli spezzoni di film noir e polizieschi dell’epoca del bianco e nero, ricchi di camei di attori famosi, facendo così interagire il suo personaggio con le vecchie star di Hollywood.
E se leggete la storia, fino a pagina 23 è così. Poi, ho visto per la prima volta Casablanca, che mi ha completamente fulminato, e la storia ha virato subito verso quella direzione.

La fine di Rat-Man.
Ma cos’è questa idea? In Italia i fumetti non finiscono! Finiscono i manga, finisce qualche illustre esempio del continente americano (Mafalda, Calvin & Hobbes, Cerebus, i Peanuts, Bone, Lucifer, Sandman, le recenti collane ABC di Alan Moore)… ma dopotutto Rat-Man è un supereroe in calzamaglia, tipico genere americano (ha pure il logo mitico in alto a sinistra della propria copertina, come i supereroi d’annata).
Perciò alla fine Rat-Man che genere di fumetto è? È un “fumetto americano”?
E’ un fumetto. Cerco di non legarlo troppo a una nazionalità precisa… appartiene al Paese senza Nome, insomma. Deve moltissimo all’America, come la maggior parte dei fumetti… si vede che se un fumetto non è americano, non funziona la sospensione dell’incredulità. In Italia siamo così “sgamati”, che non riusciamo a concepire un supereroe che si muova tra i tetti del piacentino, per esempio. Saremmo subito tutti lì a chiedergli dove si compra la migliore coppa, o a sentire se l’accento è già lombardo o se è ancora emiliano.
E per strapparlo dalla solita prassi del fumetto infinito, ho messo in piedi questa cosa della serie che poi finisce. Per il motivo che sui supereroi, alla fine, uno poi ha detto tutto quello che doveva dire.
Restano però le storie, le avventure. E in questo senso, Rat-Man continuerà a vivere in altri ambiti.
Dopo essere diventato una specie di “maschera” teatrale, che puoi riutilizzare anche al di fuori del contesto in cui ha vissuto.
Perché alla fine, una volta che hai capito chi è Rat-Man e cosa rappresenta, cioè noi stessi, metterlo in una storia di fantascienza, tipo quella che sto facendo, Allen, non è altro che raccontare cosa faremmo noi stessi se fossimo messi nelle stesse condizioni del film parodiato, in questo caso, Alien. Ma essendo Rat-Man molto più stupido di noi, abbiamo sempre la tranquilla speranza di poter fare meglio di lui. Come accade agli spettatori del Grande Fratello. Vedono degli idioti all’interno di questa casa (mi perdonino gli idioti, se li paragono agli occupanti della casa del GF), ridono della loro idiozia e poi fanno la fila per essere presi per la prossima volta, sapendo, in cuor loro, di poter fare meglio di quelli là.
Paragonare i lettori di Rat-Man agli spettatori del GF mi rendo conto non è stata una grande mossa, ma non mi venivano in mente altri paragoni.
Vabbè, dai, la prossima volta vi faccio vedere la foto dove sono fuori dagli studi del GF, a Roma.
E purtroppo, è una foto vera.

Sempre su questa linea. Sarebbe interessante a tuo parere, che pure i fumetti italiani finissero?
Penso da un Diabolik, a titoli classici di casa Bonelli, come Dylan Dog…
Ma no, non dico questo. Dico solo che a volte, se devi riempire un mese con una storia buttata su in qualche modo, (e Antonio Serra diceva che su un anno di storie, ce ne sono , buone, 5 o 6…), allora faresti meglio a non fare un mensile. A fare un bimestrale. O un trimestrale. O a farle uscire quando ti viene un’idea veramente bella, che valga la pena pubblicare. I fumetti costano sempre relativamente poco, ma anche quel poco, se lo butti via, ti impedisce di comprare qualcos’altro…
Non so, poi è in discorso delicatissimo, visto che riguarda la sensibilità personale degli autori, che magari a uno piace quello che ha fatto e quello che ha fatto è Killkiller
Fatto sta che io, Dylan Dog, per fare un esempio, ho finito di prenderlo con il numero 123 “Il picco della strega”, perché mi sembrava che mi stessero prendendo in giro da un po’.
Non credo più nel collezionismo TOTALE da tanti anni, e anche i miei preferiti, i Fantastici Quattro, sono morti da tantissimi anni. Addirittura non riesco più a seguire quello che sta succedendo. Cioè, lo leggo, ma non lo capisco. Non mi interessa. Lo ascolto come ascoltassi una vecchia zia in visita. Per questo, a volte, l’eutanasia è la soluzione migliore, per un fumetto.
Ma va fatta quando è ancora in vita! Inutile chiuderlo quando è morto da tempo! Sono buoni tutti!  :-)
Dai, esagero… ma personalmente preferisco che una serie si prefigga di seguire un certo discorso, e che finito questo, saluti e vada. Che la vita è così. Non è infinita.

Io ho aperto per gioco, un topic sul forum dedicato al mondo delle produzioni dei Rat-Fan sul personaggio. Mai avrei immaginato di trovare un tale calderone di roba!
Non solo cosplayer innumerevoli del Ratto e Co. (da Aldo a Cinzia), ma oggetti di bigiotteria, specchi, armadi, tag “sprayzzate” sui muri, murales, pupazzetti, statuette, ogni tipo di produzione grafica realizzabile al computer (3D, desktop, ecc.)… Che effetto fa?
Perché in questi casi, ad esempio, ci sono ore di lavoro dietro ad un prodotto di Rat-passione.
Fa piacere, certo. E fa anche preoccupare. Perché poi ti sembra di avere storpiato la mente ai fanciulli. Poi penso alla mia collezione di oggetti di Darth Vader e capisco che è una ruota. Io stesso passo mesi a realizzare storie che poi sono omaggi alla mia personale mitologia pop.
Così ringrazio se ne ho creata una piccola, per alcuni di voi. Grazie, anche perché poi sono le cose che danno vita al “fenomeno” Rat-Man, che è una cosa strana, che ovunque io vada, (in Italia, eh?) ovunque io vada, ripeto, c’è sempre qualcuno che conosce Rat-Man. Questo per me è ancora più straniante.
Perché quando lavoro alle storie, spesso di notte, sono sempre rigorosamente solo.

C’è questo famoso refrain per cui all’inizio le storie erano più semplici, quando pian piano invece la caratura delle storie è cambiata, ci si è dovuto confrontare con rimbrottii dei lettori, prima di far digerire il nuovo corso. Mentre nessun problema, per chi – tanti!  scopriva già Ratty così.
C’è un momento che guardando indietro individuasti un punto in cui hai detto: “Qua sono finite le storie ‘semplici’”?
È una cosa venuta da sé, o a un punto, hai proprio iniziato a pensare di cambiare registro?
L’ho pensato dopo “L’Araldo”. E ho fatto la prima trilogia. Perché altrimenti avrei dovuto continuare a fare le solite storielline semplici, che tutti poi non ricordano nemmeno. Nessuno che mi sia venuto a dire “Ah, com’era bello ‘Dal Futuro!’”..O “Perché non fai ancora quelle belle storie come ‘Weekend di torrone’?”
In sostanza, esiste solo per me, uno stacco da un modo di lavorare a un altro, uno stacco dovuto a tante cose, tra cui, la naturale crescita mentale dell’autore, l’accumulo di nuove esperienze di vita da ritrasmettere… la vecchiaia stessa!
Per i lettori, credo che sia spesso dovuto a un cambiamento più personale loro, che di storie di Rat-Man, che però loro hanno vissuto attraverso un “non ritrovarsi più a ridere come una volta” con le storie uscite. Una crescita, un passaggio dall’adolescenza all’età adulta, una storia d’amore finita male e magari era la prima… qualcosa, insomma, che ha cambiato il lettore e lo ha semplicemente tolto dalla sintonia che aveva prima con il personaggio. Succede, è la vita. Personalmente sono molto, molto contento di come si siano sviluppate le storie, nel corso degli anni. Ci sono storie che rileggo e mi chiedo come abbia fatto a scrivere, che mi lasciano stupefatto.
Non ritornerei a fare quello che ho fatto all’inizio. Sono cambiato, non sarebbe possibile. C’è solo l’andare avanti. Nel bene e nel male. Che uno poi invecchia e fa le storie serie come Woody Allen, poi ritorna a fare quelle comiche dopo che quelle serie non sono piaciute, poi non piacciono più nemmeno quelle comiche, ma sei diventato un Autore con la “A” maiuscola e quindi in un certo senso diventi intoccabile. Ecco, non è il mio problema, quello della “A” maiuscola, il mio è quello di invecchiare e basta.

C’è stato un momento (mi sembra dopo la 1ª Serie di Rat-Man, quella autoprodotta), dove hai abbandonato i retini per le tue tavole, se non ricordo male fu una scelta dettata dai tempi di produzione (più lunghi coi retini) correggimi se sbaglio, ma che alla fine è stato compensato da un uso sempre più valido ed esperto della china.
Quello di migliorare con la china, fu una scelta ponderata fin dall’inizio per compensare, esempio, la scomparsa di retini? Oppure una scelta autorale maturata a prescindere dalle contingenze? (Mi sembra che il tuo lavoro di inker “esplose” nella prima Esalogia, forse perché comparvero le Ombre…)
Ti ispiri a qualcuno per le chine dei tuoi disegni?
Si impara a chinare, chinando. Con il passare degli anni, si migliora, si affina la composizione delle tavole… è inevitabile. Ho abbandonato i retini perché a parte il tempo di produzione, stavano sparendo dal mercato italiano, tutti a farli al computer, e io il computer lo detesto amichevolmente.
Preferisco avere la tavola di carta, con le sbianchettature e i retini adesivi. Altrimenti, ne faccio a meno.
Poi, magari cambio idea, eh? Forse solo perché non li so usare… come photoshop… me lo ha installato mio fratello Lorenzo, ora mi diverto come un matto. Chi sa cosa farò in seguito, se scopro come si usano i retini digitali? Tavole e tavole tipo manga… ;-)
L’ispirazione principale dell’uso della china e del pennello e dei pennini viene da Giorgio Cavazzano e dai suoi lavori per Topolino. Fin dagli anni ’70, , quando ancora nessuno lo imitava e lo si riconosceva subito, fin da allora, dicevo, adoravo le sue chine. Non mi stancavo mai di guardarle. E cercavo di imitarle fin da allora, con risultati terrificanti, ma volenterosi.

Curiosità.
Per tutti è comprensibile la voglia di creare un proprio prodotto, in tutte le sue parti… ma perché t’immoli addirittura per il lettering? Ma neanche il lettering demandi a qualcuno? Come mai?
Il lettering è la prima cosa che faccio, in una tavola, dopo avere fatto tutto a matita. La ragione è semplice: il lettering rappresenta la sceneggiatura.
È IMPORTANTISSIMO. Forse più dei disegni. E anche posizionare i balloon, nelle mie storie, ha un effetto, sulla lettura della gag, vitale. Sbagli un lettering, sbagli a posizionare un balloon, e la gag non funziona più. Ma ti parlo dell’ordine che invece di metterlo all’altezza “X”, lo abbasso di 3 millimetri. E funziona meglio. La lettura, in quel punto, rallenta o si velocizza in maniera da rendere al meglio la sequenza e la gag ne esce alla grande.
E poi è tanto facile e veloce che mi andrei a complicare la vita inutilmente, dovessi affidarlo a qualcun altro.

È celeberrima la tua disponibilità, come i commetti su di te dipinto come “ottima persona” (mi raccomando, per favore, non smentirti ora con questa mia!), pur essendo oramai tu un’autore di successo.
Insomma, tutto racchiuso nella tua famosa massima “Sono sempre il solito semplice ragazzo di Betlemme!”.
La modestia è innata o è una formazione? È una cosa cui bisogna lavorare per mantenerla?
La modestia è una conseguenza della concretezza, immagino. Come diceva il mio capo fabbrica, indicando una ragazza di incredibile bellezza che era venuta a lavorare in fabbrica con noi, “Guarda che anche lei fa la cacca.”
Concretezza da geologo. Da amici di lunga data che ti chiamano “ohilà, coglionazzo!”… Magari ho fatto un po’ più cose, va bene, ho fatto delle storie a fumetti, ochèi… Ma in fondo, se guardi al personaggio di Rat-Man, e pensi che lì dentro c’è parte di me, come puoi pensare di atteggiarti a “divo”? Come puoi, se hai appena un briciolo di intelligenza, pensare REALMENTE di essere migliore di altri? Sapendo tutte le miserie che caratterizzano la mia vita “segreta”. Dai, non si può. Quindi ringrazio chi pensa che io sia un’ottima persona. Non è vero, ma diciamo che mi sforzo.

Ha fatto parlare e riparlare di te la tua Quadrilogia dei Sacrificabili, per il suo excursus a gamba tesa nel mondo della sacralità biblica, saga che ha fatto parlare di te in ambienti religiosi che per antonomasia sono “dove nessun fumettista è mai giunto prima”. La recente catechesi salesiana a base di Rat-Man, la dice tutta.
Mi posso permettere di chiederti una cosa in controtendenza all’esaltazione di questo tema cattolico di cui hai parlato in Rat-Man, per invece incastonare il tema nel suo effettivo alveo?
A dispetto dell’importanza che ognuno dà a questo argomento (la religione) piuttosto che a un altro nella vita reale, sbaglio a pensare che nella realtà creativa del fumetto Rat-Man, ci sono cardini importati tanto come quest’ultimo?
Insomma, che Kirby sia importante quanto le tue letture d’infanzia, che il Cattolicesimo lo sia come la critica alla commercializzazione del medium fumetto, che Guerre Stellari sia importante come il tema della creazione artistica.
Oh, se ho completamente sbagliato il tiro, fammelo sapere!
Se guardiamo a un autore e alle sue opere come a cose che derivano dall’esperienza e dalla cultura (ahahah) di questa persona, è ovvio che anche il cattolicesimo c’entra. E in questa saga viene solo fuori un po’ di più. Un supereroe non è uno che si sacrifica per gli altri? Che aiuta tutti? E non è un atteggiamento cristiano, questo? Poi uno la pensa come vuole, l’importante è che se se ne vuole parlare, lo si faccia con un minimo di rispetto, comunque.

Quali sono le situazioni a te congeniali per creare? È vero che ci parli spesso del tuo lavoro in studio, perciò un’ambiente tranquillo dove sei comodo. Ma questa baraonda che è Rat-Man è così ripiena di scenette di costume, come si può evitare di pensare che tu peschi in diretta dalle situazioni quotidiane? (le prime battute e idee per Avarat, le scrivevi sul biglietto del cinema, no?) E fa un po’ “a cazzotti” con l’idea che pure ci hai comunicato di te seduto sulla tua poltroncina che aspetti l’immagine illuminante, in una situazione tranquilla, familiare, congeniale… Un posto che ti appresti a sbaraccare per il tuo nuovo 4° studio!
Davvero è il tuo studio (dove sei obbligato a tumularti, per regalarci quei gioielli che sono i tuoi fumetti) il luogo da dove scaturiscono le idee ortolaniane?
Le idee nascono ovunque. Lo studio è dove le tengo in caldo e le sforno per metterle nel piatto. E siccome ci passo delle ore, seduto sulla poltrona o più facilmente per terra, nella cucina, davanti a tutti i fogli sparsi per terra, anche nello studio nascono le idee. L’unica cosa che ha davvero importanza è avere la tranquillità di poterci pensare, alle idee. Tipo che oggi, per esempio, mi sono venute fuori un sacco di gag per Allen a cui stavo pensando da giorni, ma non riuscivo a mettere a fuoco niente, perché era tutto un dover fare questo, poi uscire a fare quello, poi vai a prendere le bimbe, poi torna, poi riparti e fai un po’ di spesa, poi fai una telefonata, poi rispondi a una email importante, poi ragiona sul contratto, poi qui, poi là…insomma… una giostra terrificante in cui la mente non ha il tempo di posarsi e di fare il suo lavoro per bene. E allora aspetti di avere un giorno libero come questo… inizi a scrivere… e poi ti ricordi che devi ancora rispondere all’intervista di ULTIMUS! NNOOOOUUUU!!! ;-)

Si sono spesso presentate tristi occasioni di chi con eBay si rivende disegnini che tu doni gratuitamente alle mostre. Recentemente si è raggiunto il massimo dell’avvilimento, con la vendita di una tua tavola data in dono, con un prezzo abbondantemente oltre il mezzo migliaio di euro.
È questo che ti ha spinto a razionare i disegnini che normalmente facevi alle mostre? (Alla tua ultima Lucca, solo pochi disegni tirati a sorte e per gli altri solo autografo.)
O è solo per arginare la mole di iperlavoro che oramai ti porta questa pratica, vista la fiumana di fan che richiami allo stand; autore molto, molto amato quale sei?
A parte la tristezza dei disegni regalati, messi in vendita su eBay, che spero sia dovuta a effettive necessità, anche se chi ha una connessione a internet vuol dire che ha i soldi per vivere anche senza vendere le cose che gli ho regalato, ma lasciamo stare… A parte quello, dicevo, le fiere sono un momento che ti rendi conto di avere molti lettori. E va benissimo. Ma poi ti rendi conto anche che non potresti fare disegni a tutti, senza restare seduto per 5 ore. E a 45 anni, 5 ore non le puoi più fare, non le facevo nemmeno a 35. Così c’è la triste scelta della tombolata. Anche perché come ospite Panini, ho poi un orario preciso, dopo di che ci sono altri ospiti che arrivano per dialogare o fare firme e disegni al pubblico. Quindi si fa quel che si può, davvero.
A Bologna, a marzo, da Alessandro, sono venute 400 persone. Dopo un po’ di faccette, ho capito che non ce l’avrei fatta. Ho fatto solo firme, dove con “ho fatto solo firme” ci sta che ne fai 5 o 6, che vi portate da casa l’intera libreria, poi faccio la foto col cellulare, e poi vorrei anche salutarvi per bene e magari scambiare un commento su una storia, su un film… insomma… ho “soddisfatto” solo 360 persone su 400, che immagino siano scappate, dopo avere aspettato tanto.
Più avanti ho fatto un incontro con i lettori a Parma. Dalle 15 alle 19 ho fatto tutto quello che vi ho descritto prima, con l’aggiunta di disegni per tutti. Ho “soddisfatto” solo 120 persone.
Come vedete, è proprio una questione di tempo e di possibilità.
In un’ora riuscirei a fare 40 disegni, ma a Lucca siete molti di più, in fila, e non è la prima volta che leggo di qualcuno che, sui vari siti, mi manda allegramente a fare qualcosa nel sedere, solo perché quando è arrivato lui, io ero andato via.
Come vedi, non si riesca ad accontentare mai tutti.

Qualche volta sembra che tuo “malgrado” scriva di un personaggio come Rat-Man (impossibile per te, come sembra, non ridicolizzare ogni cosa). Ma in verità, ameresti raccontare di personaggi spietati come Valker?
Ti appassiona molto Valker? E se sì, lo ami da molto, fin dalla sua prima comparsa? (Rat-Man 1 prima serie, quella autoprodotta)
In merito a questa domanda, vi rimando alla prossima trilogia, dal numero 91 al numero 93. Per togliermi, in parte, la “voglia di cattiveria”… Ma solo in parte.

Infine, la domanda per cui ho fatto tutta questa pappardella d’intervista, che mi doveva giustificare nel porre quest’ultimo quesito che è veramente quello che conta per me!
Cosa sono i mutandoni di Rat-Man?!
Non riesco a raffigurarmeli nel reale! Cioè, gli altri supereroi hanno gli slippini, questo cos’ha? È un pannolone? Qualche volta mi sembrano i mutandoni da santone indiano…
Ahahaha!
Sono tipo braghette da Superman, però più larghe e goffe… come roba fuori misura fatta in Cina.
Utilissime, a nascondere le eventuali deiezioni, dovute a improvvisa comparsa di mostruosità da combattere…

Grazie a LeI per essere LeO.
Ciaoooo

LUi