di Diego Del Pozzo

È entrato dalla porta di servizio alla fine del 1995. È esploso nel 1996. Ha sbancato le edicole nel 1997. Conquisterà il mondo nel 1998. La parabola di Leo Ortolani, dagli albi autoprodotti a Rat-Man Collection. La dimostrazione vivente che la speranza è l’ultima a morire. Più o meno come le autoproduzioni.

Allora, Leo, ci racconti le prime vicissitudini editoriali del Rat-Man?
Il personaggio di Rat-Man inizia a fare capolino, nel 1989, su Spot, un supplemento de L’Eternauta che ha lanciato parecchi giovani disegnatori, e sulla storica fanzine Made in Usa. Il personaggio viene accolto con un certo interesse, soprattutto tra gli addetti ai lavori, così decisi di puntare tutto sul mio uomo-topo e di autoprodurlo, in modo da arrivare direttamente ai lettori, senza la mediazione di nessun editore. In un primo momento, chiesi a Marcello Toninelli il permesso di utilizzare il marchio della Ned 50, per poi passare alla piccola Bande Dessinée, dopo qualche numero. Al di là dei diversi marchi editoriali, però, l’autoproduzione di Rat-Man è sempre stata completa: mi sono sempre fatto carico da solo di tutte le spese, da quelle tipografiche a quelle legali. Esiste anche un altro tipo di autoproduzione – diciamo così – parziale: in questo caso l’editore partecipa alle spese, per poi gestire lui alcuni aspetti riguardanti la testata. Io, però, ho sempre scelto di avere il controllo totale del personaggio. Non avrei saputo fare altrimenti.

Quali sono le differenze tra il Rat-Man autoprodotto e quello targato Marvel Italia?
Tengo molto a una precisazione: ogni fumetto autoprodotto ha lo scopo di farsi notare da qualche editore “vero”. L’aspetto più vantaggioso della collaborazione con la Marvel è il fatto di potermi occupare solo del lato artistico della testata, mentre gli editor e lo staff produttivo delle casa editrice si occupano del resto. Inoltre, io non ho nessun contratto di esclusiva e – con l’unica condizione di rispettare le scadenze per Rat-Man Collection – posso lavorare anche ad altri progetti con diversi editori. Alla Marvel, poi, c’è un clima molto libero ed amichevole che mi fa anche lavorare meglio.

Cosa consiglieresti a un ragazzo con un fumetto nel cassetto?
Gli consiglierei senz’altro di autoprodurselo, perché il capitale necessario è relativamente contenuto. Un ragazzo che abbia un’occupazione o svolga comunque qualche lavoretto con lo stipendio di un mese può stampare il primo numero dell’albo. A quel punto bisogna trovare un piccolo editore indipendente che metta a disposizione il marchio e dia una mano per i problemi fiscali e legali (fatturazione, eventuale registrazione, e così via). Per quanto riguarda la distribuzione, nel circuito delle fumetterie esistono diversi distributori, che lavorano piuttosto bene. Penso che gli spazi per le autoproduzioni possano esistere ancora, e che siano palestre utili per chi voglia lavorare professionalmente nel mondo del fumetto.

L’intervista è stata originariamente pubblicata su Wiz n. 30 dell’aprile 1998.
Si ringraziano Andrea Plazzi e Diego del Pozzo per averne concesso la pubblicazione integrale.