di Sergio Algozzino

Il primo pensiero che mi balza in testa con Rat-Man è il mio amico Filippo, fan sfegatato della serie fin dagli albori dell’edizione Panini, i pomeriggi passati a casa sua e il suo progetto mai concretizzato di fare un action-movie di Venerdì 12.
Il secondo pensiero va a Made in USA, fanzine conosciuta sulle pagine di Starmagazine e acquistata da Altroquando: quello fu il mio primo scontro con Leo Ortolani.
Il terzo pensiero me lo tengo per me.

Rat-Man è un fumetto. Esce in edicola, è brossurato e lo conoscono un sacco di miei amici. Possiamo dire senz’altro che aspira al rango di “fumetto popolare”, e qui magari qualcuno stocerà il naso.
In realtà, il fumetto popolare è ancora il nostro standard commerciale: il fumetto, in genere, è un’arte che deve essere venduta, e, storicamente, il fumetto in Italia è accolto e acquistato prevalentemente nelle edicole. Anche Alan Ford è un fumetto popolare. E, dicendola tutta, anche Tex e Dylan Dog. “Certo che Tex è un fumetto popolare, è della Bonelli!”, penserà qualcuno. Ma il nostro fumetto popolare, quello fatto bene, nasconde sempre delle grandi perle dietro una brossuretta da quattro soldi. Ci sono numeri di Tex o di Dylan Dog che hanno un livello qualitativo ed emotivo decisamente superiore allo standard del volume da libreria, che sarà (forse) più elegante da mettere a vista, ma che spesso decade miseramente in ripetitività e presunzione.

Rat-Man, tecnicamente, è un fumetto umoristico, a volte parodistico, nasce dalla presa in giro di alcuni clichè tipici del fumetto di supereroi, ma vive di vita propria e tutte le citazioni che può mettere in campo Leo Ortolani non sono messe lì per tappare un buco narrativo, ma si adattano alla storia in maniera assolutamente naturale.

Tutta la manfrina iniziale del “fumetto popolare o no” è dovuta a una leggera antipatia del pubblico italiano a questo termine, di cui invece dovremmo essere clamorosamente orgogliosi. In fondo, Asterix, i Peanuts, Mafalda o Corto Maltese non sono poi fumetti così brutti, no?

Non voglio certo asserire che il fumetto raggiunge i suoi vertici quando unisce gusto a popolarità, ci sono almeno un milione di esempi di opere e personaggi che meriterebbero più attenzione, ma quando una serie ha la fortuna di essere su quella strada e contemporaneamente di essere anche realizzata molto bene non possiamo che gioirne.

Basterebbe prendere come esempio il numero 56, “La storia finita”, in cui Leo si lascia andare in una storia così tanto densa di poesia da lasciarci sfuggire alla fine della lettura qualcosa del tipo “è un peccato che sia un numero in mezzo agli altri”. Ma è un peccato perché? Ricordo che pensavo lo stesso per il numero 19 di Dylan Dog, “Memorie dell’invisibile”. Per quale motivo sarebbe un peccato? Forse, l’unica stranezza risiede nel fatto che non posso regalarlo a qualcuno, non posso presentarmi con “il numero X di Rat-Man” e cantare “Tanti auguri a te”. Perché? Chi lo sa.

Ma non c’è bisogno di un numero eclatante come quello per capire che Rat-Man è un fumetto “diverso”. Leo ci regala poesia a destra e sinistra, ben distillata in mezzo a due o tre gag. Quindi, è la poesia a rendere un fumetto “diverso”? In effetti no. Mostrare sensibilità e naturalezza non significa soltanto fare una riflessione triste. L’umorismo di Rat-Man, a volte raffinato quanto da osteria, non deve essere analizzato battuta per battuta, ma nel suo insieme, in cui il suo autore mostra continuamente una genialità che pare non essersi ancora esaurita. Prima o poi si esaurirà? Non importa saperlo. Rat-Man vive da tempo di vita propria, e Leo riesce a inserire questo o quel’elemento “diverso” proprio perchè è un dannatissimo personaggio che funziona a meraviglia, in cui lui crede e con cui si diverte.

Sono le operazioni come Il Rat-Man Enigmistico che fanno capire quanto Rat-Man possa osare senza rendersi ridicolo, ed è proprio l’umorismo a permettere a Leo di poter fare quel che vuole. Poi, se vuole cazzeggiare tirerà fuori Avarat o 299, e se ha voglia di un attimo di pausa emotiva disegnerà un primo piano particolarmente riflessivo.

Rat-Man meriterebbe di più, dovrebbe finire su tutti i banchi di scuola e sui portacolori di migliaia di bambini, ma qui non so chi frena le iniziative, e alla fine nessuno può dire che Calvin & Hobbes sia un cattivo fumetto solo perché non ci sono pelouche e magliette in giro. Però quando si ama particolarmente un personaggio, e si conosce il suo potenziale, lo si vorrebbe fare leggere a tutti, per poterlo commentare e ridere insieme, un po’ come si fa con Friends o qualche altra serie televisiva.

Rat-Man è un fumetto popolare, commerciale, ed è una gemma. E mi rendo conto di non aver scritto nulla di nuovo.

S.A.
Palermo, luglio 2011 

Sergio Algozzino, fumettista e musicista, ha pubblicato per Soleil, Les Humanoïdes Associés, Panini Comics, Buena Vista Comics, Piemme, Beccogiallo, 001 Edizioni, Tunuè.
Fra i numerosi progetti musicali, nei Giullari di Corte, scrive, canta e suona il basso.